Le interviste di Oltreconfine
Edizioni Amrita

Intervista a Daniele Muggia, Direttore editoriale

di Maura Gancitano

in Professione:Editore (Oltreconfine - n° 2 - Dic. 2011)
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Da quale idea nasce la vostra casa editrice?
Come un albero è contenuto potenzialmente nel seme, così la nostra idea di partenza, la nostra ragion d’essere, è contenuta nel simbolo del soffione che compone il nostro marchio, con la dicitura che lo accompagna: «un soffio di luce». L’una e l’altro si riferiscono a un’antica meditazione di tradizione essena che ci ha colpito per la sua straordinaria semplicità e bellezza: in essa si visualizza questo semplice fiore di campo che cresce ovunque, immaginando che ognuno dei suoi piccoli semi sia una delle qualità luminose di cui maggiormente ha bisogno il nostro pianeta: pace, tolleranza, bellezza, intelligenza, amore incondizionato, e così via. Poi si immagina di soffiarci sopra, così che i piccoli semi siano dispersi e ricadano qui e là sul pianeta, ognuno portatore della sua qualità positiva e di trasformazione, proprio dove quella qualità è particolarmente carente. I semi luminosi sono i mille modi di raccontare la verità che sono presenti nelle tradizioni spirituali della Terra, e anche tutti i nuovi stimoli alla ricerca della verità che oggi provengono da una scienza più aperta, soprattutto la fisica quantistica e le neuroscienze, che esamina le conclusioni a cui le antiche tradizioni sono arrivate e spesso concorda con esse, guardandole non più dall’alto in basso ma con rinnovato rispetto. Il compito della casa editrice è diffondere questi ‘semi’ attraverso i libri, gli incontri, il suono, le immagini, offrendo quanti più strumenti e opzioni possibili ai ricercatori sinceri.

Qual è l'origine del vostro nome, Edizioni Amrita?
Amrita è un termine sanscrito che significa “immortale”, e dal quale deriva “ambrosia”, il nettare di cui si cibavano gli dei dell’antica Grecia. In Oriente, ancora oggi indica tradizionalmente lo stato più elevato della materia, là dove essa diventa indistinguibile dallo spirito; nella cultura tibetana, inoltre, è il medicinale sacro per eccellenza, frutto di un’alchimia della materia infusa di preghiere. Il termine indica, insomma, uno stato in cui la visione dualistica che separa la mente e il corpo, la materia e lo spirito, viene infine trascesa. Ed è per questo che lo abbiamo scelto.

Amrita ama definirsi «un editore olistico» perché, come scrivete sul vostro sito, «offre ai suoi lettori opere che tengono conto di ogni dimensione dell'uomo». Quale idea dell'uomo è alla base del vostro lavoro?
L’idea è quella che si ritrova in molte delle antiche tradizioni mediche, filosofiche e mistiche della Terra, e avrà notato che non ho detto religiose, ritenendo che la spiritualità, e non la religiosità (che ne è la riduzione storicizzata, secolare, variabile, incentrata più sulle differenze che sulla ricerca di una verità comune) sia presente in ciascuno di noi: forse che un laico non ha valori assoluti? È in base al modo in cui esperiamo direttamente noi stessi, in prima persona, che ci sentiamo di dire che l’uomo è un essere stratiforme, dove ogni strato è prolungamento del precedente, e dove ciascuno strato influenza l’altro; un essere interdipendente da ogni altra forma di vita, e come ogni altra forma di vita impermanente; e tuttavia dotato di una natura perfetta, che trapela (purtroppo di rado) in momenti di grande saggezza e grande bontà di cui ciascuno di noi è stato protagonista e a volte testimone. Questa luminosa natura è temporaneamente oscurata dal fatto stesso di non esserne perlopiù consapevoli. Tutti i nostri guai hanno inizio da qui, per cui Amrita si adopera per risvegliarci a ciò che siamo davvero.

(continua)

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